[A – stràt – to]
Essenzialità, rigore, minimalismo, geometria e astrazione. I progetti fotografici realizzati da Luca Cacioli negli anni, sebbene ben distinti tra loro, sono accomunati dalla medesima matrice di ricerca: la forma. Quest’ultima non intesa quale mezzo, ossia con valore strumentale rispetto all’espressione, ma come espressione essa stessa. Dal primo lavoro, Confini, passando per Surrealismo, Notturni Urbani e Details, fino a giungere a La nuvola e ad [A – stràt –to] quello che emerge è un percorso ordinato, che muove in sottrazione. Questo, non tanto in termini quantitativi, quanto di restituzione di elementi che, seppur realistici, si staccano dalla realtà intesa come trasposizione diretta di un oggetto di natura. Il fotografo, infatti, non solo è attratto in misura crescente da elementi architettonico-urbanistici e industriali, ma li osserva e li viviseziona, lasciando emergere il lato meno realistico e figurativo, e
quindi, più propriamente, astratto. In [A – stràt – to] non è più tanto interessato a comporre un’immagine ben costruita (Surrealismo) o a tagliare spazi e strutture, valorizzandone le geometrie (Notturni urbani) e neanche a focalizzarsi su dettagli specifici (Details), quanto a mettere in luce ogni dettaglio di superficie, rendendo protagonista la texture. Il colore, la materia e le linee, insieme alle componenti fisiche che costituiscono quest’ultima, fino ad ogni millimetrico elemento, vengono fissati in luogo dell’oggetto fotografato. Questo progetto è imperniato sull’osservazione e registrazione chimico-chirurgica dell’oggetto scelto, che perde in virtù dello scatto stesso lo status si soggetto. Procedendo a ritroso fino a Confini, non si può non soffermarsi su talune associazioni: l’elemento antropico ed artificiale, che al tempo si frapponeva tra l’uomo e il paesaggio, oggi viene eletto ad assoluto protagonista della scena, fino ad essere indagato nella sua consistenza
e area di sviluppo. Singolare è la libertà di lettura e, di conseguenza, d’immaginazione, che il fotografo lascia al riguardante attraverso questa serie: le coordinate di orientamento, al pari dell’immagine evocata, sono ad appannaggio dell’osservatore. Forme piene, che colmano lo sguardo, attraverso la negazione dell’inessenziale, come della diretta e immediata riconoscibilità della figura ripresa. Hanno un perimetro fisico su carta, ma non hanno confini in sé: si estendono oltre la cornice, si espandono. Il movimento è per questo doppio: in profondità nella materia, multidirezionale sulla superficie. Il processo che determinano non attiene a qualsivoglia interrogativi sull’entità dell’oggetto, ma induce piuttosto ad un atteggiamento di contemplazione prolungata.
Tiziana Tommei